domenica 14 settembre 2008

Il gigante ferito


Sabato pomeriggio, l'ennesima serie di esplosioni ha ucciso almeno 20 persone a Delhi. 5 bombe sono scoppiate in vari punti della città nel giro di mezz'ora, tra le 18 e le 1830, in mezzo alla gente che andava a fare shopping. 2 bombe ineplose, una delle quali piazzata in un parco giochi per bambini. Scene che in India rischiano di diventare ormai quasi ordinarie. Mumbai, Bangalore, Jaipur, Ahmedabad, Delhi. L'India sembra essere diventata il bersaglio preferito del terrorismo fondamentalista islamico, per molteplici ragioni. Il governo federale, guidato dal Partito del Congresso di Sonia Gandhi, sembra assolutamente impotente e incapace di fermare questa scia, ed il rischio è che la rabbia degli hindu sfoci in nuovi pogrom contro i musulmani, che, anche se minoranza, sono numerosi in diverse zone del paese. L'India è diventato ormai per i terroristi un soft target, un bersaglio facile. E nonostante la tecnica sia ormai sempre la stessa (una serie di bombe piazzate in cestini della spazzatura, biciclette, motorini, che esplodono in rapida sequenza), questi agenti di morte continuano ad agire indisturbati, a uccidere e ferire in modo assolutamente casuale.

E' un male, un odio puro e sconvolgente, che ha radici lontane e antiche, frutto di un astio tra hindu e musulmani creato e foraggiato ad arte dai fondamentalisti di entrambe le religioni, che, fino all'indipendenza del 1947 e alla successiva partition da cui è nato il Pakistan, erano riuscite a mantenere un buon equilibrio. Nel 2009 ci saranno le elezioni, e il rischio è che il BJP, il partito nazionalista hindu, che già ha la maggioranza in alcuni stati, e che baserà la sua campagna sulla lotta al terrorismo, prenda il sopravvento e stravinca. Con tutto quello che ne comporterebbe.

Quello che mi colpisce è constatare ancora una volta quanto sia labile il confine tra la vita e la morte qui in India. E' un paese che a volte sembra essere completamente rassegnato al proprio destino, come se non avesse un'altra possibilità, una via per risolvere i propri immensi problemi o almeno attenuarli. I giornali riportano ogni giorno trafiletti che parlano di persone uccise in manifestazioni o scontri con la polizia (specialmente in Jammu Kashmir, regione a nord contesa col Pakistan da decenni). Trafiletti, notizie di poco conto. Ed anche il terrorismo (le ultime bombe erano esplose a fine luglio) sembra quasi essere diventato una cosa normale, una consuetudine, un qualcosa che può accadere.

Mi chiedo quando e come la società civile indiana, che esiste ma troppo spesso è ignorata e inascoltata, riuscirà non solo ad alzare la propria voce e a farsi sentire, ma soprattutto, a creare un sentimento di appartenenza comune e di convivenza pacifica, in questo stato immenso e contraddittorio, che oggi più che mai ha davvero bisogno di ritrovare se stesso.

domenica 7 settembre 2008

L'amante sfuggente


E fuori Milano muore di malinconia, di sole che tramonta là in periferia,
di auto del ritorno, famiglie, freni e gas di scarico.

Lontano il centro, è quasi un altro mondo,
San Siro un urlo che non cogli a fondo,
ti taglia un senso vago di infinito panico (...)

Ed io, burattinaio di parole, perchè mi perdo dietro a un primo sole?

Perchè mi prende questa assurda nostalgia?

Francesco Guccini, "Samantha"

A Milano ci ho vissuto sei mesi scarsi, prima di ripassare per Roma e volare in India. Ultimamente mi ritorna spesso in mente, forse perchè ora vivo in una città che, nel bene o nel male, è quanto di più diverso possa esistere. E poi perchè a Milano non mi sembra di averci vissuto realmente, ma di averla solo sfiorata, e quindi, di non averla capita.

Le città non sono mai quello che sono o quello che sembrano, ma sono lo spirito con cui le vivi, i volti dei tuoi compagni di viaggio e dei tuoi coinquilini. Milano l'ho posseduta velocemente, in un periodo di grande consapevolezza nella mia vita, ma circondato da enormi contrasti e da stati d'animo altalenanti. Settimane veloci di cui ho raccolto poche istantanee, alcune sfocate, forse solo annebbiate. Un locale sui Navigli, le osterie. Le domeniche pomeriggio, la luce fredda e limpida del sole di novembre che smussa il grigiore dei palazzi e le facciate squadrate, e rende tutto più dolce. Lambrate, Isola, la Milano proletaria, se ancora ha un senso questa parola, e studentesca. Piazzale Loreto, un anonimo spiazzo da cui partono almeno tre città diverse. I locali fighetti, la gente vestita tutta uguale che dopo una settimana di lavoro e smog vuole solo ammazzare il sabato con un entusiasmo che trasuda di prepagato. Gli alberghetti di via Porpora, con le improbabili reception e i portieri annoiati, aspettando l'ennesima coppia di una notte e via. La città sfavillante e strabordante sotto Natale, con le luminarie fantascientifiche per accaparrarsi l'Expo. La città dei tranvieri perennemente incazzati e della gente che sembra mandarti a cagare anche quando è gentile. La circonvalla vista dal bus notturno, con le luci gialle oscurate dagli alberi.

Sì, Milano l'ho appena incontrata, ma non sono riuscito a coglierne a fondo l'energia che pulsa nel sottobosco. Questa energia viene dal fatto che in fondo, più che una città, è un crocevia, e la sua identità seria e produttiva è sempre più contaminata dalle migliaia di forestieri che, volenti o nolenti, la vivono e la rendono viva. Perchè Milano non la scegli, ci stai perchè ci nasci o perchè ci vai a lavorare. Nella meno italiana delle grandi città italiane. Un'amante lasciva e sofisticata, sfuggente quanto basta per farti capire che non ti innamorerai mai di lei, ma che saprà sorprenderti quando meno te l'aspetti, e forse anche farti perdere la testa. Ma solo per qualche notte...

PS: la foto che accompagna il post è di Paolo Poce, un bravissimo fotografo romano che vive a Milano e di cui ho avuto l'onore di organizzare un'esposizione qualche anno fa. Andate a curiosare sul suo sito www.paolopoce.com