domenica 27 aprile 2008

Waiting for the Big Heat

Sabato. Ennesima serata di saluto per un'amica che parte.
Da quando sono qui, il numero delle persone che ho conosciuto e quello delle persone che entro metà maggio lasceranno Calcutta, temporaneamente o definitivamente, tendono sempre di più a equivalersi. Non è un caso che ciò avvenga in questo periodo dell'anno.

Ultimamente, la parola Maggio spunta sempre più fuori nelle discussioni serali e non, come una sorta di mostro deforme e minaccioso, che si avvicina sempre di più alle porte della città. Tutti mi continuano a ripetere di prepararmi, che il caldo visto finora è ancora nulla. Io continuo viceversa ad autoconvincermi che ce la posso fare, che in fondo il caldo lo reggo bene. Però, va detto che in effetti ci sono dei segnali del mostro in arrivo. Chi può, letteralmente, scappa da Calcutta, città rinomata per il suo clima mediterraneo e temperato, prima che arrivi il mese più caldo, quello in cui la temperatura è fissa sopra i 40, l'asfalto si scioglie e tutto, mi raccontano, sembra essere immobile prima del tramonto. Per non parlare del tasso di umidità...E da giugno, poi, ci sono i monsoni, che si spera comincino a inizio mese, perchè, se fosse come lo scorso anno, in cui i sono iniziati molto tardi, giugno si porterebbe dietro tutto il caldo accumulato dal mese prima.

Inizia il vero periodo di prova. Mi sto preparando all'arrivo del Grande Caldo, e di un mesetto barra due almeno di vita sociale piuttosto ridotta.

Se c'è una cosa su cui troverete piena concordanza nelle guide turistiche, è: evitate l'India tra maggio e settembre. Appunto.

domenica 20 aprile 2008

Il disco della domenica

Quella che vedete qui a fianco è la copertina di quello che ho eletto mio personale "disco della domenica". Durante i miei mesi di vita a Bruxelles, questo era l'album che mi riconciliava col mondo nel primo pomeriggio della domenica, quando i postumi delle sbornie della sera prima erano ancora troppo forti e avevo soltanto bisogno di calma, caffè e solitudine assoluta.

I dEUS sono un gruppo belga, sicuramente il più famoso del paese, e uno dei più conosciuti anche all'estero tra gli estimatori del cosiddetto "rock alternativo". Di nome li conoscevo già, ma è stato il mio proprietario di casa nonchè (saltuario) coinquilino nonchè cocantante e cochitarrista nonchè compagno di bevute fiammingo a farmeli conoscere davvero.
La musica dei dEUS è un miscuglio perfetto di rock, pop, sperimentazione e ironia. Questo disco in particolare fu molto criticato all'epoca della sua uscita perchè cosiderato troppo commerciale rispetto ai lavori precedenti della band. Secondo me, invece, è un disco pressochè perfetto, un'ottima sintesi musicale, suonato e prodotto in modo eccellente, con quel pizzico di distacco e leggerezza che fa tanto Belgio. E che fa tanto domenica. Anche i lavori successivi dei dEUS non sono affatto male, ma non raggiungono questi livelli.

Stavo completando le mie valigie prima di partire per l'India, quando mi sono accorto che questo cd non l'avevo più nella mia copia azzurra masterizzata. Perso, chissà dove. A distanza di quasi un mese e mezzo da questa amara presa di consapevolezza, oggi finalmente EMule me lo ha regalato di nuovo (dubito che riuscirei a trovarlo qui in originale anche se volessi). E in questa bella domenica di sole a Calcutta, con le strade dolcemente silenziose e la luce tenue del pomeriggio, avevo proprio bisogno di ascoltare di nuovo la voce deliziosamente scazzata di Tom Barman. E me lo immagino girare insieme a me per le strade ella città, con uno dei suoi completi scuri sdruciti e un vecchio borsalino stile Tom Waits, mentre si beve un chai e mi chiede col suo francese dall'accento fiammingo dove può trovare una Leffe rossa.

Vi lascio sulle note di "The Magic Hour", quarta traccia, un vero toccasana per l'anima.

Ho appena scoperto che domani esce il nuovo disco dei dEUS. Sarà un caso?

domenica 13 aprile 2008

Da qua fuori


Per la prima volta in vita mia, ossia da 10 anni a questa parte, non voto per le elezioni politiche. Fino all'ultimo avevo pensato che, tutto sommato, poteva anche andar bene così, perchè stavolta mi sarei trovato in forte difficoltà. Come molti, d'altronde. Vista da fuori, questa campagna elettorale sembra forse ancora meno intensa di quanto non si legga e si veda in Italia. La disillusione, lo scoramento, sono palpabili, siamo un paese che sembra non trovare una via d'uscita, al momento. Io una mia idea del perchè ce l'ho, ma sarebbe troppo lungo da scrivere qui.

Alla fine, però, mi dispiace di non essere lì a votare, e a seguire le elezioni del governo del mio paese. Sarà strano vedere i risultati a distanza, da internet, senza poterli vivere in mezzo alla gente. Anche se la politica del "meno peggio" non mi è mai piaciuta, stavolta spero solo che si riescano a limitare i danni.

No more psychonano, please.

venerdì 11 aprile 2008

Residui

Calcutta, notte fonda, quasi le tre.

Ripartiamo da qui. Dal caldo. Dal ventilatore acceso di giorno e di notte. Dai fischi dei guardiani. Vediamo cosa succede. Le notti senza sonno ispirano l'uomo da sempre. Penso a mio padre, e alle poesie che ha scritto di notte, quando ero piccolo. Ho un vago ricordo, la luce accesa nel suo studio e lui che scrive. Ormai non lo fa più da anni, ed è un peccato, era proprio bravo. Ma mi ha detto qualche tempo fa che ha smesso di farlo quando ha capito di non essere più ispirato, e se è così, ha fatto bene. Magari scrive dentro di sè, e sono sicuro che scrive cose bellissime.

L'ennesima sigaretta, e dire che mi ero riproposto di smettere...sarà che qui costano così poco.

Fa caldo in questa casa, in questa città. E i visi passano, scorrono. La gente parte, ne arriva di nuova. Ci abituiamo alle distanze, senza interiorizzarle mai. Amicizie che durano, rapporti che non nascono per mancanza di spazio. Cerco i frammenti dei luoghi in cui ho vissuto, delle persone lontane. Li ritrovo su uno schermo piatto, non è abbastanza, non è mai abbastanza. Ascolto canzoni che ho suonato, musicisti e amici con cui ho condiviso lavoro, sudore, passione. Ho cancellato i vecchi post, ma li conservo, traccio una riga.

Sono qui da un mese, e tutto va bene. Mi concedo il mio spazio, evanescente come una nuvola di fumo, che respiri a pieni polmoni anche se sai che non fa bene.

Fino a un po' di tempo fa, giocavo a dividere le fasi della mia vita, dargli un nome, a volte di persona. Ora non lo faccio più, ho capito che è tutto un divenire, tutto è parte dello stesso album, le foto mosse e quelle da copertina. Sono sempre io quello nella foto, circondato di volta in volta da protagonisti e comprimari. I secondi restano lì, in posa, col loro sorriso. I primi non sono poi così tanti, ma ci sono sempre, e non li dimentico. Anche a qualche oceano di distanza.

martedì 1 aprile 2008

Calcutta, notte, ore 00:43

Da mezzanotte in poi, a intervalli più o meno regolari, per tutta la notte, cominciamo a sentire una serie di fischi. Sono i guardiani che fanno la ronda. Il capo guardiano, che sta proprio sotto casa nostra, fa il primo fischio, gli risponde un altro guardiano, poi ne fa un altro, e si sente un suono appena più lontano, e così finchè non si chiude il giro. Se tutti rispondono al primo, vuol dire che va tutto bene. Se uno non risponde, c'è qualche problema. Tutta la notte, ogni ora.
Talvolta ne senti qualcuno cantare. Melodie semplici, in hindi o bengali, come una nenia gentile, una ninna nanna nel silenzio di una strada qualsiasi di questa città.

Calcutta di notte può essere l'inferno, e il paradiso allo stesso tempo. La vedi docile percorrendola in taxi, senza il traffico paradossale e totalmente illogico che la strangola di giorno. L'aria è un po' più respirabile, le strade vuote, le luci gialle la illuminano come una qualsiasi altra città. Per un momento ti sembra tutto grande, aperto, misuri gli spazi in un modo diverso, ti sembra che anche questa città possa essere tua.

Ma i fantasmi, che fino a sera sono mischiati in mezzo alla folla, di notte li vedi bene, uno ad uno. Difficilmente di giorno Calcutta delinea i confini tra la ricchezza e la povertà. Alla luce del sole torrido, mai veramente brillante, velato di fumo e clacson, tutto trabocca fuori, come in un immenso pentolone, dove un dio schizofrenico, più che malato, fa ribollire milioni di vite umane.

La notte, invece, la povertà la vedi con la lente, la vedi da vicino, anche se tu sei lontano al tempo stesso, e ti fa paura. Dormono per terra, dove capita, tanti, tantissimi, ovunque. Vicino ai cani, sbattuti in mezzo alla strada, come rassegnati al loro destino, quello di finire sotto una macchina, o divorati dai loro stessi compagni di sventura. E se stai qui, devi farci il pelo, immediatamente. A vedere marciapiedi che da un giorno all'altro diventano case di fortuna, con un telo come tetto e un secchio pieno d'acqua come lavandino. A guardare per terra, quando cammini, per non calpestare un cane che dorme, o un bambino che vaga da solo, nudo. Altrimenti non resisti. Il senso di impotenza e rassegnazione talvolta lo tocchi con mano, trasuda, te lo senti addosso. Proprio come i randagi di Calcutta, che, mentre gironzolano in cerca di qualche osso, sembrano conoscerlo già, il loro destino.

Calcutta non è solo questo, è riduttivo e semplicistico pensare che sia nient'altro che la città delle baracche e di Madre Teresa E' mille altre cose. La capitale culturale dell'India. Una città che si evolve continuamente, per certi aspetti, e che resta incredibilmente uguale a se stessa per altri. L'ex capitale dell'Impero inglese. Una metropoli molto più sicura di quanto la sua pessima fama non faccia credere. Una delle maggiori città di uno stato che cresce a ritmi vertiginosi, e dove vedi spesso una classe media che si espande, imitando i modelli di quello stesso capitalismo avanzato che ora vorremmo frenare. Mica perchè siamo buoni, semplicemente perchè ci rode che ora loro inquinino e distruggano ulteriormente quello stesso mondo che stiamo distruggendo noi. E poi, accanto agli aumenti da capogiro del pil indiano, una povertà che sembra non finire mai. Il paese degli ingegneri richiesti in tutto il mondo e di un analfabetismo che non dà tregua.

Meglio andare a dormire prima che parta la prossima ronda. Anche i guardiani hanno smesso di cantare, e di sbattere in terra i bastoni di bambù, per far sentire a qualche malintenzionato che loro ci sono, e, anche stanotte, non dormono.