sabato 6 novembre 2010

La perdita dell'innocenza


Stamattina a Milano c’erano i funerali di Gabriele. Io non c’ero.

Ci sono persone che passano come lampi nelle nostre vite. Ci entrano in determinati periodi, ed a quelli restano legate, indissolubilmente, quale che sia il loro ruolo in seguito. Non saranno mai i tuoi migliori amici, li perderai di vista, ma non li dimenticherai mai. Persone che escono dall’ordinario, dotate di una personalità talmente forte da non passare inosservate neanche per cinque minuti.

Gabriele per me era una di quelle persone. Non posso dire fossimo amici in senso stretto, non lo vedevo dal 2005, avevamo perso i contatti da tempo. Ma non riesco a immaginarmi Parigi e il mio Erasmus senza di lui. Semplicemente, una delle persone più intelligenti e allo stesso tempo divertenti che io abbia mai conosciuto. Una bomba. Scoppiata improvvisamente, troppo presto. Imprevedibile lo era sempre stato, ma stavolta, ci ha fregato sul serio.

Sono giorni che valgono anni, diceva qualcuno a proposito del ’68. Io, banalmente, il mio ’68 culturale l’ho vissuto a Nanterre, proprio lí, dove il maggio francese era iniziato, 35 anni prima. Gabriele ne ha fatto parte. E non era certo  un comprimario.

Ogni uomo dovrebbe avere diritto a vivere dei giorni nei quali si possa illudere di essere immortale. Avere le vene talmente piene di vita da pensare che la morte non possa nemmeno sfiorarti, come giovani déi sfrontati e arroganti appena di passaggio sulla terra. Vivere al doppio della velocità, commiserando i comuni mortali e la loro mediocre lentezza. Non avere paura di nulla e di nessuno, essere sicuri del fatto che é lí ed in quel momento che si vuole stare, e da nessun’altra parte. Essere certi che il futuro sia oggi, a portata di mano.

Io lo so. Noi, in quei giorni, ci sentivamo immortali.

Sono passati sette anni. Ci siamo laureati, sparsi ai quattro angoli del mondo, abbiamo viaggiato, lavorato, ci siamo amati e persi, c’é chi si é sposato e ha fatto figli, abbiamo vissuto volti e luoghi con passione e tenacia. Credo che sia io che molti altri compagni di quella meravigliosa avventura ci siamo svegliati all’improvviso, qualche giorno fa, con un gran mal di testa e una stretta nel cuore. Di fronte ad una cornice scheggiata, con la consapevolezza definitiva di non essere più intoccabili. Sarebbe dovuto succedere prima o poi, forse non ci aspettavamo che potesse accadere in questo modo, cosí presto. Ci siamo ritrovati di nuovo nel foyer di una residenza universitaria scassata. Eravamo in tanti, ma tutti, terribilmente, un po’ più soli.

Stamattina a Milano c’erano i funerali di Gabriele.

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi dispiace.
giuglia.