mercoledì 3 novembre 2010

Sono le 17,30 e tutto va bene


Sono le 17,30 ad Abdijan, e il sole si sta spegnendo lentamente su una delle giornate più importanti nella storia della Costa d'Avorio. Oggi la commissione elettorale indipendente dichiarerà i risultati delle elezioni, che, una volta approvati dall'ONU, saranno definitivi.

Ho deciso di uscire di casa e di farmi un giro, per non lasciarmi sopraffare dal mal di testa e dalla spirale di psicosi che tiene gli ivoriani e gli espatriati col fiato sospeso. Un fiato sospeso che lentamente, con prudenza, sembra trasformarsi in un sospiro di sollievo. La vita non é ripresa del tutto normalmente, certo, molti uffici e negozi sono chiusi, c’é ancora paura, ma la gente passeggia per strada, chiacchiera, beve una birra. Un quadro per fortuna ben lontano dai timori e dalle ansie che tutti qui si sono scambiati in questi ultimi giorni.

Scriveva Ryszard Kapuscinski, uno che di guerre e di Africa ci capiva parecchio:
Da un lato l’esperienza mi insegnava che da lontano le situazioni di crisi apparivano di solito più brutte e minacciose di quanto non fossero in realtà. Le nostra immaginazione capta, assorbe avidamente ogni briciola di emozione, il più debole indizio di minaccia o il più lieve odore di polvere e subito li ingigantisce, portandoli a dimensioni stratosferiche.

Se questo era vero negli anni ’60, lo é ancora di più ora, dato che oggi la comunicazione é infinitamente più rapida e potente, e i suoi mezzi possono facilmente essere manipolati e contribuire a far montare la tensione in un baleno su larga scala. Bisogna farsi coraggio, allora, e tentare di sconfiggere la paura, restando prudenti e coscienti del fatto che
le esplosioni sociali, paragonabili a un’acqua cheta e stagnante che inizi ad agitarsi e a ribollire, sono sempre momenti di caos, di disordine e di subbuglio incontrollabili, in cui é facile morire per colpa della confusione, per uno sbaglio, per non aver capito qualcosa o per non essersene accorti in tempo. In giorni come questi il caso riveste un ruolo fondamentale, diventa il padrone e il sovrano della storia.

Troppo presto allora per dire quale piega prenderà la storia qui in Costa d’Avorio nelle prossime settimane. Posso dirvi quello che so, e che non leggerete mai sui giornali italiani, un po’ perché ci sono state votazioni più importanti in questi giorni (Usa, Brasile), e un po’ perché le elezioni in uno stato africano non fanno notizia, a meno che non ci scappino molti morti, meglio se a colpi di machete, che dà sempre quel tocco di colore in più e ci ricorda la differenza tra popoli civilizzati e selvaggi.

Io ho visto un popolo entusiasta di andare a votare dopo che per 5 anni questo diritto gli era stato negato. In una nazione spaccata e ancora ferita, la gente ha aspettato ore in fila, sotto il sole, tranquillamente e senza incidenti, per esercitare un proprio diritto fondamentale. Il tasso di partecipazione é stato dell’80%, un risultato enorme, soprattutto pensando che nel 2000 voto’ solo il 35% degli aventi diritto.Gli ivoriani hanno voglia di pace, e lo hanno gridato al mondo.

Certo, non tutto é perfetto. Si tratta comunque di una base elettorale di neanche sei milioni di votanti su una popolazione di pîù di venti. Pare che a 14 osservatori europei sia stato precluso l’accesso ad alcuni uffici della commissione elettorale. Ma le cose sono andate liscie nel complesso, molto più del previsto. I dati non sono ancora definitivi, ma si profila una sfida al secondo turno tra Gbagbo, il presidente uscente, e Ouattara, l’ex primo ministro. Sarebbe il risultato migliore in termini di pace sociale, quello che secondo un po’ tutti gli osservatori presenta il minor rischio di degenerazioni violente. Sarà una campagna lunga, fino al 26 novembre.

Fermo a un semaforo, osservavo la luce tenue riflettersi sui palazzi, e mi sorprendevo a pensare quanto sia normale, per me , mettere una croce su una scheda elettorale, o decidere di non metterla.

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