venerdì 4 dicembre 2009

La riscoperta del freddo

"Ma perchè quando ci sentiamo parliamo sempre di lavoro io e te?"
Esitazione. Solo un attimo.
Staccò gli occhi, uno sguardo intorno. Non gli stava dicendo niente che non sapesse già.
"Perchè abbiamo troppa paura per parlare di altro". E sorrise, perchè sapeva di avere ragione.
"Sì, è così", rispose lei.

Il sole tramonta presto a Kathmandu. Passate le cinque era già buio, mentre lì dove viveva lei, a 6 ore di fuso orario di distanza, il sole era ancora alto nel cielo. E faceva freddo, in quel caffè anonimo, il cui unico pregio era quello di avere una connessione senza fili decente.
Da quanto, pensò, non provava quella sensazione. Avere freddo, sentire le dita tese e rigide sulla tastiera, il bisogno di scaldarsi le mani sotto le gambe. Pochi viaggiatori intorno, la tazza di caffè vuota, la voglia improvvisa di una sigaretta, lì dove è ancora permesso.

La conversazione diventò improvvisamente vera. Le parole non apparivano più semplicemente sullo schermo, si materializzavano. Arrivavano veloci, per poi adagiarsi lentamente su un tappeto di pixel. Come macchie impazzite di colore, lanciati con un pennello da un continente all'altro in tempo reale, dipingevano la pelle, chiare e solide si facevano largo, aprendo muri, distruggendo finte certezze. Ora sì, poteva vedere i suoi occhi pieni, i capelli sciolti sulle spalle. Lo sguardo dolce e severo che aveva lasciato andare via.

Il tempo non perdona, le scelte hanno un prezzo. E lei, alla fine, non ci mise molto a scriverlo. Lui non si stupì affatto nello scoprire che un nuovo amore stava crescendo nella sua vita. Ma il freddo improvvisamente cominciò a entrargli nelle vene, insinuandosi nello stomaco, fino a fargli tremare i piedi, le ossa. Ma sapeva, lo sapeva, insomma, serviva che glielo dicesse lei? Cosa c'era di strano? Dov'era la novità, lo stupore? Lo aveva capito molto bene dagli accenti della loro ultima conversazione, lo sentiva, era chiaro, talmente evidente. Ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, perchè fino a quando non lo sai, puoi ancora cullarti nella stupida illusione che quella fotografia resti lì, appesa, per sempre, anche se ormai è sbiadita, fino quasi a decomporsi. Ci si convince che ciò che non vediamo, facendo finta di non sapere, non sia vero, o almeno, non del tutto.

Il pane diventò pane, illuminato da una luce glaciale. E il neon, mio dio, il neon non perdona. Rivela i volti per quello che sono. Elimina il trucco, la facciata, resta solo lo scheletro. E fu in quel momento, che lo schermo divenne uno specchio. D'improvviso, vide tutto per quello che era, come una radiografia: la sua stanchezza, gli occhi calati da un sonno che non riusciva più a recuperare, le delusioni che lo accompagnavano negli ultimi tempi, distante da tutto e da tutti, la sensazione che ci fosse molto di sbagliato. Il calore disperso. L'amore che, semplicemente, non era lì.

La conversazione continuò lieve, volgendo verso una fine annunciata. Ciò che si doveva dire era stato detto, era tempo di ritirare il ponte. Avrebbe voluto scriverle: "Dai, chiudiamo. Non ho voglia di mettermi a piangere qui dentro". Ma non lo scrisse, e non scoppiò a piangere. Soltanto un sorriso nervoso, forse rassegnato, gli colorò il volto. Una battuta stupida, per alleggerire il peso della sera. Gli occhi pieni di vita ritrovata, e subito persa.

Si lasciarono dolcemente, come sempre. Forse si sarebbero visti, nel giro di un paio di mesi, in un momento comune di passaggio a casa. Ma con quali occhi? Per dirsi cosa? Era stanchissimo, il corpo lento e pesante. Si abbandonò su quella sedia sporca, tra una giornata di lavoro non finita e mai davvero cominciata, e i camerieri annoiati che si affacciavano di tanto in tanto in cerca di mance. Il freddo, improvvisamente, era diventato il suo nuovo compagno di viaggio.

3 commenti:

DRESSEL ha detto...

sai, su fb ho condiviso un link: "quando qualcosa si rompe non torna mai come prima".
un mio amico ha commentato: "magari la crepa c'è, ma non è detto che uno debba guardarla". ha perfettamente ragione.
però, certo, se parli così significa che è un burrone e non una semplice incrinatura.
comunque bellissimo 'sto post!

Domhir Muñuti ha detto...

bentornato, spero di leggerti più spesso, tra l'altro devo linkarti. mi fai venire voglia di raccontarmi in modo diverso, dovrei abbandonare il registro criptico.
baci e a presto.

PS: bastardi, cosa volete festeggiare senza di me???

Prisma ha detto...

'Mazza che bello questo scritto! Complimenti. Davvero.